Come osa la procura di Trapani indagare Don Mussie Zeray, l’arcangelo degli immigrati?
Tratto dalla “Lettera al Direttore de la Repubblica” del 18 ottobre 2015
di Daniel Wedi Korbaria
Chi è Don Mussie Zeray, il prete indagato dalla Procura di Trapani nell’ambito dell’inchiesta per favoreggiamento all’immigrazione clandestina?
Il sedicente prete fa parte del Partito degli Unionisti, cioè di coloro che ancora oggi vogliono unire l’Eritrea all’Etiopia. In passato gli Unionisti erano la borghesia feudale eritrea attiva già dai tempi dell’Imperatore Haile Sellassiè subito dopo la fine del colonialismo italiano, che prima eliminò gli Indipendentisti e poi brindò all’annessione unilaterale avvenuta nel 1961. Successivamente, nonostante il palese controsenso, gli Unionisti collaborarono anche con il sanguinario Colonnello Menghistù Hailemariam pur di impedire la vittoria a chi lottava per la Liberazione dell’Eritrea, e lo stesso fecero con Melles Zenawi contribuendo energicamente affinché divampasse la guerra del 1998 fra i due paesi oramai distinti e distanti. Anche oggi lottano per unire l’Eritrea all’Etiopia e fanno di tutto per rovesciare il governo eritreo che ovviamente, archiviando il feudalesimo, non riconosce loro i privilegi che avevano nel passato.
Mussie Zeray, secondo le sue dichiarazioni, è arrivato in Italia nel 1992 usufruendo dello status da rifugiato quando si festeggiava ancora la Liberazione dall’Etiopia ma ancora l’Eritrea doveva diventare una nazione, ciò avvenne solo nel 1993 a seguito di un plebiscitario esito referendario. La mia domanda è: l’Italia riconosceva nel 1992 lo status da rifugiato agli eritrei quando gran parte della comunità Eritrea d’Italia e la Diaspora rientrava in patria? O forse il giovane Mussie era venuto in Italia dichiarandosi somalo? Ai tempi gli unici ai quali veniva riconosciuto lo status di rifugiato erano i somali.
Don Mussie Zeray, come un attivista politico, vuole portare avanti questo progetto di riannessione facendosi telecomandare dall’Etiopia e dagli Stati Uniti che, come ha dichiarato Obama, non vogliono un leader forte in Africa. Effettivamente il Presidente Isayas Afewerki è davvero un leader forte, per nostra fortuna! Secondo me Mussie è stato calzato e vestito apposta con un talare da sacerdote per facilitare il regime change in Eritrea e così armato di un telefono satellitare aspetta al varco le sue vittime designate. Invito i giornalisti italiani a fare altrettanto provando a collegarsi telefonicamente con i profughi disperati nel deserto o nel Mediterraneo, scoprirebbero da se che si tratta di un’impresa assolutamente impossibile.
La succitata Agenzia Habeshia, che vuol dire abissino, quindi Agenzia etiope oppure etiopica, esclude di fatto qualsiasi responsabilità del governo etiopico circa l’esodo dei migranti, eppure anche da lì fuggono i giovani che qui in Italia si spacciano per eritrei. E da cosa fuggono i giovani etiopici? Dal paradiso forse? Questo il nostro Don Mussie non lo dice o lo ignora in malafede.
La sua Agenzia si occupa esclusivamente di eritrei. E lui continua imperterrito ad emettere sentenze molto dure soltanto sul governo eritreo ed il suo Presidente. Ovunque vede qualcuno del regime! Il fatto che non riconosca le responsabilità etiopiche circa l’esodo dei giovani può significare o che lo ignori o, semplicemente, che sia di parte. “Ho saputo soltanto lunedì dell’indagine – dice Mussie Zeray – e voglio andare a fondo in questa vicenda. Sono rientrato a Roma dall’Etiopia di proposito.”
La mia domanda è ovvia: perché un eritreo si reca in Etiopia quando c’è ancora una situazione fra i due paesi di “no pace no guerra”? È andato forse nelle decine di campi rifugiati per eritrei allestiti in Etiopia a dare indicazioni su come sbarcare in Italia? Perché entra ed esce dall’Etiopia come fosse il suo paese? Lui sa benissimo che in Etiopia c’è una minoranza etnica che sta governando da oltre venticinque anni sulle altre etnie maggioritarie grazie ad elezioni fraudolente. Così come sa benissimo della morte di migliaia di persone di etnia Oromo, la più numerosa del Paese, uccise quest’anno dal governo etiopico per aver osato manifestare, così come era già successo nel 2005 dove le vittime furono 200 studenti universitari. Un paese che da quasi un anno ha dichiarato lo Stato di emergenza e i militari TPLF vivono con i kalashnikov puntati sui civili. Testimone d’eccellenza è stato il maratoneta Feyisa Lilessa in quel di Rio 2016. Ma di questo l’Agenzia Habeshia né si occupa né, fatto molto più grave, si preoccupa.
L’amara verità è che a Don Mussie Zeray gliene importa assai poco dei giovani eritrei che fuggono stufi dell’embargo e delle sanzioni decise dagli Stati Uniti e dall’ONU. Se la sua missione cristiana di salvare i disperati fosse veramente sincera, se il suo dolore fosse autentico sui morti affogati, sui torturati nel Sinai o sugli imprigionati in Libia, allora non avrebbe dovuto gongolarsi dei riconoscimenti e dei premi occidentali assegnatigli, compresa una candidatura al Premio Nobel ma soprattutto avrebbe evitato di sorridere davanti ai fotografi come fosse un divo hollywoodiano. Le sue foto sono sul web, vedere per credere!